Come migliorare l’esperienza dello Smartworking
05 Mag 2020
Sapevi che i lavoratori in smartworking prima dell’emergenza coronavirus erano 570.000 e ad oggi, secondo il Ministero del Lavoro, se ne sono aggiunti 550.000?
Ecco perché abbiamo creato una guida per gestire lo smartworking in totale sicurezza!
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Ma non è tutto, siamo anche stati ospiti di Imprenditori Che Cambiano, per aiutare le imprese a conformarsi alla normativa, ed evitare sanzioni
Guarda ora la nostra intervista con Francesca Caputo di IMPRENDITORI CHE CAMBIANO!
DOMANDE E RISPOSTE:
1) Smartworking: come si attiva durante l’emergenza
2) Modello efficiente di lavoro agile: ottimizzare il rapporto lavoratore/datore di lavoro ripensando la cultura aziendale
3) Controlli a distanza del datore di lavoro: quando e quali sono legittimi
4) Sanzioni, no grazie! Quali aspetti legali non devono essere sottovalutati? GDPR, utilizzo dei dati, sicurezza sul lavoro e valutazione dei rischi.
1) Smartworking: come si attiva durante l’emergenza
Lo smartworking è un tentativo di rendere il lavoro subordinato flessibile, conciliabile con la vita privata.
Apparentemente quindi il vantaggio è solo lato lavoratore; ma in realtà della cultura dello smartworking ne beneficiano anche e soprattutto le aziende, se ben applicato.
Normalmente per l’attivazione dello Smartworking è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, il quale dovrà essere inviato telematicamente a partire dal 15 novembre 2017.
La Legge n. 81/2017 conferma quindi l’elemento della volontarietà tra le parti e stabilisce i suoi contenuti minimi:
– Durata. L’accordo può essere a tempo indeterminato o determinato.
– Preavviso. Il recesso è possibile con un preavviso di almeno 30 giorni (90 per i lavoratori disabili) per gli accordi a tempo indeterminato o in presenza di un giustificato motivo.
– Come e quando. L’accordo deve contenere la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, con particolare riguardo agli strumenti tecnologici utilizzati e al rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore.
– Potere di controllo e disciplinare. Nell’accordo devono essere illustrate le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, tenendo conto dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavorator
Ma durante il COVID, l’art. 4 del Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2020, ha previsto una semplificazione delle procedure standard in favore di un’informativa INAIL mandata al lavoratore, di fatto un file Excel contenente i dati dei lavoratori che usufruiranno dello smart working, che verrà inviata al Ministero del Lavoro tramite la piattaforma Ciclalavoro. Questa nuova formula ha dunque un vantaggio evidente in termini di contrattazione col lavoratore ed di rapidità della procedura.
2) Modello efficiente di lavoro agile: ottimizzare il rapporto lavoratore/datore di lavoro ripensando la cultura aziendale
Programmazione , confronto, controllo sono i concetti chiave affinché lo smartworking sia un modello efficiente e non la mera replica (ma molto più difficoltosa) del semplice lavoro in ufficio.
L’aspetto più interessante è legato alla cultura del lavoro, ovvero ragionare in ottica di risultato e non di disponibilità.
Non è semplice neppure per il datore di lavoro, perché deve per primo focalizzare e programmare questi risultati.
Se nel sistema tradizionale tempo e spazio di lavoro coincidono di fatto con le ore spese in ufficio, dove la produttività è generalmente legata al concetto di tempo, con lo smartworking produttività e tempo vanno oggi considerati come valori indipendenti, poiché il tempo non è più l’unico strumento efficace per stabilire i livelli di produttività.
Alla classica organizzazione fordista del lavoro si sta affiancando un nuovo modello organizzativo per effetto del quale, si riconosce produttiva una prestazione che non ha più un tempo fisso e uno spazio esclusivo.
Per questo serve inoltre un atteggiamento positivo e proattivo della politica e di tutte le parti interessate.
La nuova sfida richiede di mettere in atto un profondo processo di innovazione, sia dall’alto (leadership e governance), sia dal basso (formazione, reskilling) mettendo al centro il lavoratore
I manager devono saper gestire il lavoro attraverso il coinvolgimento della persona e del team obiettivi e risultati.
Il lavoratore deve essere invece formato attentamente sui nuovi spazi, sui nuovi tempie e sulle nuove tecnologie a cui va trasmessa la padronanza necessaria.
Diventa necessario, quindi, ricercare un adeguato livello di connettività intermedia tra due estremi.
3) Controlli a distanza del datore di lavoro: quando e quali sono legittimi
Con l’attivazione dello smartworking si andrà ad aprire la tematica relativa al controllo del dipendente – lavoratore agile.
Sarà infatti possibile per il datore di lavoro attivare dei controlli a distanza, nei limiti previsti dalla normativa. Questi limiti sono posti nell’interesse del lavoratore che non potrà vivere in una sorta di “grande fratello”, ma dovrà ottenere adeguata informativa sui possibili controlli del datore.
Il controllo non deve essere assoluto e indiscriminato, ma motivato da esigenze lavorative o disciplinari e comunque soggetto a proporzionalità.
Diversamente il datore di lavoro andrà incontro a sanzioni – anche di natura penale.
Quindi è interesse del datore di lavoro attivare i controlli a distanza in conformità con la normativa.
Quali sono i tipi di controllo a distanza che possono essere utilizzati?
1. È concesso il controllo da remoto attraverso strumenti già in uso al dipendente, coi quali lavora (personal computer, tablet, smartphone), se il controllo è lecito e pertinente e rispettoso dei principi di gdpr e statuto dei lavoratori.
a) In tal senso, è sempre possibile installare o utilizzare strumenti di controllo in relazione alla registrazione degli accessi e delle presenze.
b) È ammesso il monitoraggio della strumentazione informatica dei lavoratori (mail, telefonate, navigazione Internet, ricerche online).
c) Sono ammessi i controlli preventivi, per esempio attraverso la limitazione delle chiamate o della navigazione internet, purché non sussista un trattamento illecito dei dati dei lavoratori. Quindi, possono essere applicati appositi filtri, ma i sistemi devono essere configurati in modo da cancellare periodicamente i dati personali.
Possiamo quindi dire che gli strumenti elettronici forniti dal datore di lavoro sono a tutti gli effetti dotazioni aziendali (ad esempio la casella email) e quindi sia controllabili che inutilizzabili a fini personali, salvo diversi accordi.
Ovviamente il controllo non deve essere assoluto e indiscriminato, ma motivato da esigenze lavorative o disciplinari e comunque soggetto a proporzionalità.
2.Gli impianti di videosorveglianza, che sono autorizzati solo in presenza di due presupposti:
a) Esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale
b) preventivo accordo sindacale o, in mancanza,autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro – ITL), condizioni che non possono essere sostituite dal consenso dei lavoratori (Corte di cassazione, sez. III penale, sentenza 17 gennaio 2020, n. 1733).
La violazione di questa normativa, prevede una sanzione di carattere penale, e che tale violazione può essere integrata anche solo in ragione dell’installazione dell’impianto, senza che vi sia necessità di una effettiva messa in funzione o il concreto utilizzo delle attrezzature installate. Cass. pen. Sez. III, 10/04/2018, n. 38882
3) Sono infine sempre vietate l’utilizzo di misure relative a dispositivi da remoto, quali la geolocalizzazione, il monitoraggio dei movimenti del mouse, l’utilizzo di webcamo di tecnologie di screen capture.
Per esercitare il potere di controllo è necessario rispettare i limiti di cui all’art. 4, che sia predisposto un regolamento sui controlli, che i dipendenti siano messi a conoscenza del regolamento, che il controllo sia lecito e pertinente e rispettoso dei principi di GDPR e dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori.
4) Sanzioni, no grazie! Quali aspetti legali non devono essere sottovalutati? GDPR, utilizzo dei dati, sicurezza sul lavoro e valutazione dei rischi.
Il datore di lavoro che viola la normativa sui controlli a distanza, non solo non potrà utilizzare le informazioni così ottenute a livello disciplinare, ma incorrerà in ulteriori sanzioni
1) di natura penale, per violazione dell’art. 4 Statuto dei Lavoratori è prevista una contravvenzione, salvo il fatto costituisca reato più grave, che punisce il datore con nell’ammenda da 154 euro a 1.549 euro o l’arresto da 15 giorni a 1 anno. Nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente. Quando, per le condizioni economiche del reo, l’ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace, anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
2) Nel caso di utilizzo illecito dei dati raccolti in violazione dell’art. 4 della Legge n. 4/1970, i rischi per il datore sono quelli di incorrere nelle sanzioni previste dall’art.167 del D.Lgs. 196/03 che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il trattamento illecito dei dati personali.
3) Ai rischi di carattere penale, si aggiungono le sanzioni amministrative previste dal Regolamento europeo 2016/679 all’art. 83
Le sanzioni collegate ai controlli non sono però le uniche che possono essere comminate al datore di lavoro che attivi lo smartworking non in conformità con la normativa.
Il datore di lavoro dovrà infatti tenere presente la GDPR anche in relazione ai dati dei clienti che deve trattare il lavoratore in smartworking, dovrà essere compliant con la sicurezza sul lavoro e dotarsi di un dvr che preveda anche le questioni legate alla Cybersecurity ed allo smartworking.
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