Differenze fra assegno di mantenimento e assegno divorzile
15 Ott 2023
L’assegno di mantenimento e quello divorzile costituiscono due strumenti differenti, sebbene nel gergo comune questi termini vengano talvolta percepiti come interscambiabili. Vediamo insieme in breve quali sono le principali caratteristiche e le rispettive differenze.
L’assegno di mantenimento (art. 156 c.c.)
L’assegno di mantenimento consegue alla pronuncia di separazione personale tra i coniugi e consiste in una somma versata periodicamente a favore del coniuge che non disponga i mezzi per assicurarsi il medesimo tenore di vita vissuto in costanza di matrimonio, nonché a favore dei figli minorenni e di quelli maggiorenni che non abbiano raggiunto l’autosufficienza economica.
Tale strumento risponde all’obbligo solidaristico sancito sia a livello costituzionale sia con l’art. 143 c.c., secondo cui i coniugi, con il matrimonio si assumono reciprocamente l’obbligo di provvedere anche all’assistenza materiale.
L’importo è stabilito dal giudice sulla base di criteri come la capacità reddituale e patrimoniale del coniuge oblato, nonché sulla base di tutti quegli elementi da cui possano effettuarsi apprezzamenti in ordine alle condizioni delle parti.
Quanto al profilo squisitamente fiscale, è deducibile il mantenimento versato a favore del coniuge da parte del soggetto erogante; il coniuge percettore invece sarà tenuto a dichiarare le somme percepite a titolo di mantenimento ai fini dell’IRPEF, in quanto assimilabili a reddito da lavoro dipendete (artt. 10 e 50 DPR 917/1986).
L’assegno divorzile (art. 5 L. 898/1970)
Come intuibile, l’assegno divorzile consegue alla pronuncia di divorzio e costituisce una somma, stabilita dal giudice con la sentenza divorzile, che un coniuge deve corrispondere all’altro in ragione dell’impossibilità di quest’ultimo di provvedere economicamente a sé stesso, i saper mancanza di mezzi che per l’impossibilità oggettiva di procurarseli. Il quantum stabilito dal Giudice tiene in considerazione diversi fattori, come la durata del matrimonio, le ragioni del divorzio, il reddito dei coniugi, le loro condizioni patrimoniali e soggettive,
il contributo dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune. Tale cifra può essere corrisposta periodicamente o in un’unica soluzione, c.d. una tantum, e può consistere anche nell’assegnazione di un determinato bene. Non viene in considerazione il tenore di vita mantenuto dal coniuge percettore di assegno in costanza di matrimonio: la considerazione di tale circostanza, infatti, non sarebbe conciliabile con la natura della sentenza di divorzio, determinando una non dovuta ultrattività del vincolo matrimoniale (Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 10/02/2017) 10-05-2017, n. 11504). Lo scopo dell’assegno divorzile, dunque, è quello di permettere al coniuge richiedente l’autosufficienza economica. Spetta al richiedente allegare, dedurre e dimostrare di non avere tali mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni oggettive, fatto salvo il diritto di eccezione dell’altro coniuge.
Secondo una recente pronuncia del Giudice di legittimità (Cass. civ. Sez. I Ord., 30/03/2022, n. 10232) l’assegno divorzile deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità assistenziale, perequativa e compensativa, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza, mediante complessiva valutazione dell’intera storia coniugale e della prognosi futura. La funzione compensativa e perequativa è data dalla necessità di riconoscere il ruolo e il contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale; la funzione assistenziale è destinata a valere là ove la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non gli garantisca l’autosufficienza.
La nuova convivenza comporta la revoca dell’assegno divorzile?
Nonostante l’art. 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) consideri unicamente l’ipotesi della contrazione di nuovo matrimonio come causa di perdita dell’assegno divorzile, la giurisprudenza più recente ha stabilito che anche nel caso in cui il coniuge richiedente stabilisca un rapporto di stabile convivenza con un nuovo partner, ciò incide sulla percezione dell’assegno divorzile.
Tale circostanza, tuttavia, non comporta automaticamente la decadenza dal diritto: le SS. UU. 5 novembre 2021, n. 32198 hanno stabilito che l’ex coniuge, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa, nel caso in cui provi il contributo offerto alla comunione familiare, l’eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, l’apporto prestato alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.
Ancor più recentemente è stato stabilito che, ai fini del vaglio della richiesta di revoca dell’assegno divorzile per l’instaurazione da parte dell’ex coniuge beneficiario di una convivenza more uxorio con un terzo, il giudice debba considerare l’eventuale coabitazione di essi, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale (Cass. civ. Sez. I Ord., 04/05/2022, n. 14151).