La servitù di passaggio: costituzione e modifiche
05 Gen 2017
“Fra Tizio e Caio, proprietari di fondi confinanti, sorge una controversia relativa all’utilizzo di una servitù di passaggio costituita sul fondo servente di Caio a favore di Tizio”.
Servitù: Cos’è e Come Funziona
La servitù è un diritto reale immobiliare su cosa altrui. Perché si parli di servitù è necessario che vi sia
– una diversa proprietà fra due fondi e
– un’utilità per il fondo dominante,
semplicemente: la servitù è “un peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario” (art. 1027 c.c.).
Le servitù sono variamente classificate, ma il loro contenuto è estremamente atipico. Ciò significa che non è previsto dalla legge il modo preciso e dettagliato in cui debba esplicarsi il diritto di servitù.
Ne consegue che, salva l’applicabilità delle norme generali previste dal codice civile, è il titolo stesso della servitù a determinarne l’estensione e l’utilizzo, ex art. 1063 c.c.
Qualora ciò non avvenisse, poiché il titolo non dice nulla a riguardo, sarà necessario riferirsi alle disposizioni ex artt. 1064 e ss.
Servitù di Passaggio: il Caso in Esame e le Norme di Riferimento
Il titolo è il contratto costitutivo della servitù. Nel caso che ci occupa trattiamo di una servitù di passaggio; nel titolo non è contenuta alcuna indicazione circa le modalità e i limiti.
Si legge che “detto mappale (…) potrà usufruire del passaggio esistente attraverso i mappali (…) di proprietà di terzi per accedere ai mappali (….) come garantisce la parte venditrice.”
E’ dunque evidente come il titolo non sia assolutamente sufficiente a determinare con esattezza il modo di utilizzo della servitù in questione.
Occorrerà dunque, come accennato, far riferimento alle norme di diritto civile del codice equipollente, il quale all’art. 1067 comma 2 dispone che “il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo”.
In assenza di ulteriori specificazioni nel titolo, pare corretto affermare che il citato art. 1067 pone un limite alle scelte del proprietario del fondo servente qualora dallo stato dei luoghi (del fondo e del passaggio) esistenti al momento dell’acquisto, si passasse ad una condizione di utilizzabilità del passaggio più limitata.
La riduzione della larghezza è pacificamente considerata elemento qualificante il passaggio e la servitù stessi: Cassazione civile , sez. II, 23 giugno 1978, n. 3125: “ben possono costruirsi sul fondo servente opere implicanti un prolungamento in lunghezza e non una riduzione in larghezza del corridoio stesso”
Tale conclusione può ricavarsi a contrario anche da Cassazione civile , sez. II, 03 novembre 1998, n. 10990: “non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere che pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino tuttavia in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio delle servitù”.
E dunque una riduzione della larghezza, se implicante una maggiore scomodità nell’utilizzo del passaggio, è contraria all’art. 1067 comma 2 c.c.
Non incide sulla problematica il fatto che in passato il passaggio si trovasse ubicato in altro luogo: il proprietario del fondo servente si è semplicemente avvalso della possibilità concessa ex art. 1068 c.c. di trasferire la servitù, poiché il luogo offerto al proprietario del fondo dominante era di medesima comodità.
Tuttavia il mantenimento della stessa tipologia di passaggio costituisce argomento valido ad individuare quelle caratteristiche che sono da considerarsi essenziali per la servitù di cui si tratta, in particolare la sufficiente larghezza.
In via stragiudiziale sarebbe opportuno in primis intimare al proprietario del fondo servente la cessazione dell’attività illecita.
L’azione tipica esercitabile invece in via giudiziale è l’actio confessoria servitutis ex art. 1079 c.c., avente ad oggetto l’affermazione del diritto di servitù; in questi casi però alle turbative all’esercizio della servitù dovrebbe accompagnarsi necessariamente anche la contestazione da parte del proprietario del fondo servente dell’esistenza stessa della servitù.
Il caso in esame appare meglio affrontabile con una domanda di reintegrazione nel possesso (possessoria) della servitù, allo scopo di far cessare le turbative all’utilizzo della servitù in considerazione del fatto che la servitù medesima non è contestata.
A proposito dell’esito di ogni eventuale azione giudiziale, si consideri ciò che è già stato accennato riguardo all’atipicità della servitù: detta caratteristica attribuisce al giudice una certa discrezionalità nel valutare quale sia l’ampiezza del diritto e il modo di esercitarlo.