La sorte dei beni ereditati in regime dei comunione dei beni al momento della separazione

La sorte dei beni ereditati in regime dei comunione dei beni al momento della separazione

05 Gen 2017

Tizio, in regime di comunione dei beni, intende addivenire ad una separazione dalla moglie. Poiché parte del suo patrimonio è costituita da beni acquistati per eredità, si chiede quale sarà la sorte di questi, in particolare le quote di una società.

La norma generale, in tema di comunione legale dei coniugi, è che tutti i beni entrati nel patrimonio successivamente al matrimonio divengono parte della comunione.

La comunione dei beni fra coniugi è ritenuta parziale dalla dottrina, in quanto è prevista una lunga serie di eccezioni ai beni che ne devono necessariamente far parte, accompagnata dalla possibilità di scelta, da parte del coniuge che ne sarebbe titolare, di farli rientrare in comunione.

La regola generale dettata dall’art 177 c.c., conosce dunque alcune importanti eccezioni; queste sono in parte richiamate dallo stesso art. 177, in parte sono tipizzate agli articoli successivi.

Importa in particolare l’art 179 c.c., che alla lettera b) dispone che “i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione” non costituiscono oggetto della comunione e sono personali del coniuge.

Pertanto, in mancanza di una espressa disposizione, ciò che viene ereditato dal coniuge rimarrà nella sua esclusiva proprietà.

La lettera f) del medesimo articolo consente inoltre al coniuge di acquistare, col prezzo del trasferimento dei beni personali, altri beni di sua proprietà esclusiva.

Per quanto concerne invece i beni dell’impresa del coniuge, quando questa è costituita prima del matrimonio entrano a far parte della comunione solo gli incrementi della stessa.

L’impresa non rientra invece nella previsione ex art. 179 lettera d), poiché per professione non può intendersi l’attività imprenditoriale.

L’esclusione dalla comunione dunque operata per i beni che servono all’esercizio della professione non può essere applicata ai beni dell’azienda.

Nel caso in esame, la società si era già costituita, pertanto la quota rientrata nel patrimonio del coniuge per effetto di una successione dovrà considerarsi anch’essa un bene personale.

Quanto agli incrementi nella partecipazione, è necessario osservare che questi rientrano invece nella comunione ex art 177 lettera a): “i suoi successivi aumenti, ferma la distinzione tra la loro titolarità e la legittimazione all’esercizio dei diritti nei confronti della società che essi attribuiscono al socio, rientrano conseguentemente tra gli acquisti che, a norma dall’art. 177 c.c., lett. a), costituiscono oggetto della comunione legale tra i coniugi, anche se effettuati durante il matrimonio ad opera di uno solo di essi, e non beni personali, ove non ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 179 c.c.. (Cass. Civile Sentenza 2 febbraio 2009, n. 2569).

Ne consegue che il coniuge, socio a seguito di successione, potrà vantare la proprietà esclusiva unicamente sulle quote ereditate. Qualora avvenissero invece degli incrementi, entrerebbero in comunione, come specificato dalla giurisprudenza di Cassazione.

Permane comunque in capo ai coniugi la facoltà di estendere la comunione dei beni anche alle quote ereditate da uno di essi.