Licenziare una donna incinta

Licenziare una donna incinta

01 Dic 2020

Benché siano passati vent’anni dall’entrata in vigore della legge n° 151/2001 che vieta di licenziare una donna incinta, i  casi in cui ciò avviene sono ancora terribilmente frequenti, (mai letto qualche titolo di giornale: “Incinta al quinto mese viene licenziata dall’azienda…”?)

Come è possibile che la legge venga aggirata?

Anche se la donna di fatto dovrebbe essere tutelata dal momento del concepimento (300 giorni prima dalla presunta data del parto) fino al primo anno di età del bambino, i datori di lavoro riescono comunque a licenziare le dipendenti. Come è possibile? Capita magari che spingano la donna a licenziarsi portandola allo stremo delle forze o la facciano sentire a disagio, la demansionino o sfruttino il trasferimento dell’azienda per fare dei “tagli strategici”… insomma in un modo o in un altro… Ma…

Licenziare una donna incinta è legale?

No. Nel caso in cui una donna incinta venga licenziata è sufficiente che si rivolga all’Autorità Giudiziaria fornendo il certificato medico in cui si attesta la data di inizio della gravidanza perché il licenziamento venga considerato nullo. Così la donna ha diritto a un totale reintegro comprensivo – nel caso vi siano – degli stipendi mancanti. Gli stessi diritti valgono anche in caso di adozione, in quanto la neo-mamma avrà comunque bisogno di tempo per l’inserimento del nuovo bambino in famiglia.

Demansionamento in caso di gravidanza

Così come non può avvenire il licenziamento di una donna in gravidanza allo stesso modo non ne è consentito il demansionamento, al suo ritorno – infatti –  deve essere adibita alle stesse mansioni da lei svolte in precedenza sul luogo di lavoro. Il demansionamento come meccanismo di selezione preselezione diretta indiretta o qualunque altra forma di discriminazione di genere – come dare uno stipendio inferiore a una donna a pari ruolo di un uomo – è vietato.

Si può fare causa se sono incinta e vengo licenziata?

, il licenziamento intimato ad una donna incinta è infatti da considerarsi  (quasi) sempre nullo, dunque come un provvedimento mai venuto ad esistenza.

La lavoratrice ha dunque il diritto di rivolgersi al Giudice del Lavoro al fine di riottenere il proprio posto di lavoro e le mensilità retributive non versate durante il periodo di illegittimo licenziamento, oltre che ottenere la condanna del datore di lavoro a risarcire il danno subito.

La lavoratrice ha altresì il diritto  di richiedere – nel caso in cui non abbia intenzione di ripresentarsi sul luogo di lavoro in seguito all’illegittimo licenziamento subito – la corresponsione, in sostituzione al reintegro, di un’indennità pari a 15 mensilità retributive.

Sono solo pochi e determinati i casi in cui è possibile addivenire ad un licenziamento di una donna incinta: ad esempio, in caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice, in caso di cessazione dell’attività o in caso di esito negativo del periodo di prova, se previsto dal contratto.

Che cosa fare se si è vittima di discriminazione sul posto di lavoro?

Nel non remoto caso in cui una donna incinta, seppur non soggetta a licenziamento, o anche in seguito ad un reintegro ordinato dal Giudice, sia soggetta a continue discriminazioni e vessazioni sul luogo di lavoro da parte dei datori di lavori (c.d. mobbing verticale) o da parte dei colleghi (c.d. mobbing orizzontale), aventi il fine – eventuale e non necessario- di spingere la donna stessa alle dimissioni, è diritto della donna agire in sede giudiziale al fine di far valere la propria posizione, mediante una causa di mobbing.

Ad oggi la legislazione italiana non prevede una puntuale e specifica disciplina in tale materia; tuttavia una parziale tutela legale può essere rinvenuta nelle norme del Codice Civile in materia di responsabilità extracontrattuale.

La lavoratrice avrà dunque l’onere di dimostrare di essere stato oggetto di comportamenti persecutori e vessatori nei suoi confronti, che questi non siano isolati, ma piuttosto che siano stati reiterati per un periodo sufficientemente lungo.

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