“Bamboccioni” a rischio: la Cassazione conferma la non obbligatorietà del loro mantenimento

“Bamboccioni” a rischio: la Cassazione conferma la non obbligatorietà del loro mantenimento

16 Giu 2011

L’indipendenza economica dei figli è per molti genitori un traguardo sempre più lontano. Proprio per questo la giurisprudenza ha nel tempo mantenuto una posizione prudente sulla possibilità, da parte dei genitori, di “scaricare” la prole troppo pigra. I casi frequentemente coincidono con quelli di genitori separati, fattispecie nelle quali l’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne ed economicamente non autosufficiente assume una misura precisa: difatti il coniuge non convivente col proprio figlio si ritrova a versare periodicamente una somma con lo specifico scopo di mantenere un figlio adulto.
Tale problematica si interseca notevolmente con quella della precarietà del mercato del lavoro (e relativa instabilità): la Cassazione nel gennaio di quest’anno ha infatti affermato che: “L’assegno di mantenimento in favore del figlio va versato anche quando l’attività di lavoro precaria svolta da quest’ultimo non comporta un’ indipendenza economica che possa giustificare l’esonero dei genitori dal suo mantenimento né la riduzione dell’assegno stesso”.

Tuttavia le pronunce sono altalenanti, infatti ci si è posti il problema del figlio che raggiunge l’indipendenza economica e perde conseguentemente il diritto di essere supportato economicamente dai genitori, o comunque dal genitore non convivente: in questo caso si registra un importante arresto giurisprudenziale dello scorso anno, nel quale la Cassazione Civile, sez I, sentenza 23590/10, afferma che il mantenimento verso il figlio maggiorenne “è da escludere quando questtultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare un’ attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un’ adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, senza che assuma rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori le quali, se pur determinano lleffetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento cui presupposti siano già venuti meno”, con ciò aprendo in parte la strada al concetto “dell’opportunità” avuta dal figlio e tuttavia non adeguatamente sfruttata.

La normativa di riferimento, si ricorda, è molto esigua: l’art 147 c.c. prevede che “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

Con la pronuncia odierna, la Cassazione chiude definitivamente la porta ai figli che non siano in grado di sfruttare le opportunità offerte, introducendo un interessante concetto di “colpa” : l’obbligo al mantenimento vige solo se il figlio “incolpevolmente non ha raggiunto l’indipendenza economica”.

Il genitore interessato dovrà quindi provare il fatto che il figlio maggiorenne abbia in alternativa o già raggiunto l’indipendenza economica (pur poi perdendola, come da pronuncia 23590/10) o che sia stato “posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per colpa sua”.

In questi casi, è legittima la posizione del genitore che decide di “tagliare” definitivamente i fondi al figlio. E’ il caso di chiudere però con l’inciso relativo alla differenziazione fra mantenimento ed alimenti: questi ultimi, che rappresentano un quid minus caratterizzato da essenzialità e necessità, sono comunque dovuti, sulla scorta degli artt. 433 e 156 quinquies c.c.: “Allorché il figlio maggiorenne abbia iniziato con carattere di stabilità un’attività lavorativa conforme alla professionalità acquisita, traendone il relativo reddito, viene meno l’obbligo di mantenimento per entrambi i genitori, e quindi anche il diritto del genitore con il quale il figlio convive di percepire dall’altro il contributo al suo mantenimento, senza alcuna possibilità di sua reviviscenza per effetto di successive vicende della storia lavorativa del figlio, il quale potrà reclamare nei confronti dei genitori solo gli alimenti, qualora ne sussistano i presupposti di legge”. (e pertanto dal figlio che versi in stato di bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso, situazione ben più grave della semplice non autosufficienza economica)