I requisiti per la modifica delle condizioni di separazione

I requisiti per la modifica delle condizioni di separazione

05 Gen 2017

Tizia e Caio, coniugi, chiedono e ottengono la separazione consensuale. Tizia, alla quale vengono affidati i figli all’epoca minorenni, ottiene un assegno di mantenimento per quest’ultimi. Dopo qualche anno Caio chiede la revisione degli accordi; quali saranno i presupposti validi per tale richiesta e quali gli elementi di valutazione per il giudice?

Le condizioni di separazione dei coniugi vengono stabilite con sentenza. Ogni mutamento di dette condizioni deve avvenire attraverso i medesimi canali e per atto della medesima autorità, alla quale dunque si ricorre per ottenere le modifiche. L’art 155 del codice civile precisa gli elementi che il giudice deve tenere in considerazione nel formulare la sentenza di separazione. All’art. 156 ter è invece regolata l’eventuale revisione dell’affidamento dei figli. Nel caso in esame assume particolare valenza l’aspetto economico (la misura del contributo). Per delimitare l’ambito di discussione, occorre anche sottolineare la differenza fra l’assegno di mantenimento prestato al coniuge e quello –di cui si tratta- prestato invece a favore dei figli, per tramite comunque del coniuge affidatario.

Secondo la giurisprudenza, il mantenimento è riconosciuto nel caso in cui “questo sia privo di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sussista una disparità economica fra coniugi” (CASS. CIV sez I n. 11523 1990)

La disparità economica è senz’altro alla abse anche delle decisioni prese in sede du giudizio nei confronti dei figli. Ma vi è un altro elemento fondamentale, ovvero la persistenza di una situazione di necessità. Nel caso esaminato, Tizia ha a carico due figli, uno dei quali sostanzialmente si è trasferito a casa del padre. Appare ovvio che non può considerarsi nei fatti a carico di Tizia anche il figlio che vive dal padre. Ma la richiesta di Caio si spinge oltre, considerando indipendente il secondo figlio.

La giurisprudenza è chiara nell’affermare che sussiste “l’obbligo di attivarsi per trovare un lavoro e rendersi economicamente indipendente . Ne consegue che correttamente il giudice di merito revoca l’obbligo di mantenimento a carico del padre, ove risulti che il figlio abbia non solo colposamente omesso di terminare gli studi, ma anche immotivatamente rifiutato di accettare l’offerta di un posto di lavoro, a nulla rilevando che si trattasse di un lavoro fuori sede”CASS. CIV sez I n. 951 del 2005. Da ciò deriva la considerazione che solo una condotta sostanzialmente colposa del figlio lo fa decadere dal diritto di avere il mantenimento, infatti “Il genitore che deduca la cessazione del diritto dell’altro genitore all’assegno di mantenimento per il figlio divenuto maggiorenne deve provare che questi è divenuto autosufficiente o che non è economicamente indipendente a causa della sua inerzia, ovvero del suo rifiuto ingiustificato di un lavoro compatibile con le sue attitudini” CASS. CIV. SEZ I n. 2289 del 2001.

Una volta accertata la (ancora) sussistente necessità dell’assegno di mantenimento per il figlio, occorre operare un secondo passaggio, decisivo.

Come già sottolineato, le condizioni economiche dei coniugi, valutate potremmo dire in modo “reciproco”, sono alla base della valutazione del giudice. Poiché nel considerare una modifica delle condizioni del mantenimento viene sottoposta una serie di cambiamenti di fatto, sarà possibile opporre le ragioni che invece fanno pendere la bilancia dalla parte del convenuto: se la parte che aveva un reddito superiore è nel frattempo diventata la parte col reddito inferiore, questa situazione sarà senz’altro alla base delle valutazioni del giudice: “Nel giudizio di modifica delle condizioni della separazione, la rideterminazione del contributo dovuto al coniuge onerato va effettuata con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione, e, a tal fine, deve essere considerata anche l’evoluzione economica delle parti nel corso del giudizio” CASS. CIV. sez I n. 9028 del 1998)