Risarcimento del danno da diffamazione
24 Set 2020
avv. Sara Cimadoro
Si è già detto (clicca qui per l’articolo completo) che il reato di diffamazione è punito dall’art. 595 c.p. e si integra quando qualcuno, comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona.
Perché possa ritenersi integrato il reato diffamazione è necessario che il fatto offensivo sia comunicato ad un minimo di due persone.
La tutela del diritto civile dal reato di diffamazione
Per quanto sia prevista dal codice penale come fattispecie di reato, non sempre la diffamazione viene perseguita penalmente, poiché la relativa prova esige la dimostrazione del dolo dell’agente.
Il più delle volte, invece, appare più agevole la dimostrazione del danno in sede civile.
Questo non deve però indurre in errore e portare a ritenere che la diffamazione non sia anche un reato: mantiene la sua rilevanza penale e, come in tutti i casi di commissione di reato, ai sensi dell’art. 185 c.c., da diritto al risarcimento del danno cagionato dallo stesso.
Sul piano civile, si riscontra un numero più consistente di controversie giudiziarie, poiché davanti a tale giurisdizione può risultare sufficiente dimostrare soltanto la colpa del soggetto agente, e non necessariamente anche la sua volontà di ledere la reputazione e l’immagine del diffamato.
In ambito civile, l’attività diffamatoria comporta l’insorgere di un danno di natura non patrimoniale, risarcibile ex artt. 2043 c.c. e 2059 c.c.
Al fine di vedersi riconosciuto il relativo risarcimento la parte richiedente dovrà allegare gli elementi di fatto che consentono di desumere la sussistenza e l’entità del pregiudizio.
L’ampia varietà di casi in cui può configurarsi la diffamazione – soprattutto a mezzo stampa, che è tra le più diffuse nella prassi – ha generato un’abbondante giurisprudenza in materia, che di recente è stata al centro dell’attenzione dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano (si tratta di quello stesso organismo che, periodicamente, mette a punto le ben note tabelle per il risarcimento del danno biologico).
La quantificazione del danno da diffamazione
Contestualmente alla pubblicazione delle tabelle 2018, l’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano ha pubblicato anche un lavoro organico che, per la prima volta, ha preso in considerazione i criteri per il risarcimento del danno non patrimoniale da diffamazione a mezzo stampa o con altri mezzi di comunicazione di massa.
Il lavoro dell’Osservatorio milanese ha inteso razionalizzare la copiosa giurisprudenza sul danno da diffamazione e ha mirato ad individuare, con un certo grado di oggettività, gli aspetti da valutare e i parametri in base ai quali misurare l’importo di tale danno.
Il risultato di questa attività è uno schema suddiviso in cinque scaglioni, che ha il pregio di graduare la diffamazione a seconda del contesto in cui avviene e in relazione a vari fattori.
In base a tale schema, la diffamazione a mezzo stampa può dare origine a un danno risarcibile per un valore che può variare da 1.000 a oltre 50.000 euro, a seconda della gravità della situazione.
In particolare, la diffamazione può essere di intensità tenue (e dare origine a un danno fino a 10.000 euro), modesta (risarcimento fino a 20.000 euro), media (fino a 30.000 euro), elevata (fino a 50.000 euro) o eccezionale (con risarcimenti superiori ai 50.000 euro).
Per favorire l’inquadramento di ogni fattispecie concreta in una delle suddette fasce di gravità, l’Osservatorio ha indicato alcuni criteri che consentono di caratterizzare con sufficiente oggettività il singolo episodio di diffamazione a mezzo stampa.
Tali criteri sono riscontrabili nella notorietà (o meno) del soggetto diffamante e del soggetto diffamato, nella tenuità o gravità dell’offesa, nella diffusione del periodico stampato e nella conseguente risonanza mediatica dell’evento, nella ripetitività dell’evento e nell’eventuale condotta riparatoria posta in essere dal diffamante (ad esempio con una rettifica della notizia).